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Marijuana light non può essere sequestrata

MARIJUANA LIGHT NON PUÒ ESSERE SEQUESTRATA

RIVOLUZIONE PER I PRODOTTI A BASE DI CANAPA LIGHT

Era la fine del mese scorso, quando, la stampa nazionale sia cartacea che televisiva, divulgava una notizia clamorosa. Sembrava che il mercato della marijuana light e di tutti i prodotti a base di cannabis light in Italia dovesse completamente estinguersi per sempre. Nulla di più falso, come scrivemmo anche noi di Bellastoria, non c’era assolutamente alcuna novità, rispetto alle leggi in vigore. Si trattava di un banalissimo gioco di terrore, notizie valide esclusivamente per cavalcare un’onda mediatica. Si sa, che parlare di marijuana light provoca sempre un effetto BOOM, soprattutto se si annuncia la chiusura delle attività che vendono questi particolari prodotti a base di canapa legale.

Marijuana light: Ecco la bomba!
A questo punto ci sentiamo in dovere, come produttori di marijuana light, di commentare noi, adesso una notizia apparsa qualche giorno fa. Certamente non riusciremo a dare lo stesso impatto mediatico che ha suscitato la FALSA chiusura degli shop, vi chiediamo quindi di condividerla il più possibile. Vogliamo dare il nostro contributo a far capire che dietro la marijuana light esiste tanto lavoro duro, impegno, sacrificio. Esiste un mercato ed un intero settore merceologico che, sta nascendo e crescendo ogni giorno ma, che è ancora fragile, giovane. Che insomma, non può essere compromesso da FALSE news, create probabilmente solo per danneggiare il mercato e per attirare l’attenzione della gente.

La cannabis sativa light non può essere sequestrata
Vi avevamo promesso una notizia Bomba, ed eccola servita. Come dice il titolo: La cannabis sativa light non può essere sequestrata “preventivamente” se non viene provato che il livello di THC supera lo 0,5%. Non siamo certamente noi di Bellastoria a dirlo ma, lo hanno stabilito i giudici del tribunale del Riesame di Genova dopo la sentenza della Cassazione del 30 maggio (quella di cui parlavamo all’inizio). Si tratta della prima pronuncia di un tribunale, destinata a fare da capofila, dopo il caso sollevato dagli ermellini che vietavano la vendita di derivati della cannabis con “efficacia drogante”. La storia, poco piacevole, nasce dal sequestro di infiorescenze, flaconcini di oli, confezioni di tisane e foglie a base di canapa sativa in un negozio di Rapallo, il 3 giugno. Il commerciante, difeso dall’avvocato Salvatore Bottiglieri, si era opposto rivolgendosi al Riesame. I giudici gli hanno dato ragione disponendo la restituzione della merce.

Legge 242 del 2016 è la sola valida
La sentenza di Genova che ha fatto davvero scalpore, ha evidenziato che, secondo i giudici genovesi, manca una norma che stabilisca quale sia la percentuale di principio attivo che rende un prodotto con efficacia psicotropa. La Cassazione ha stabilito che possano essere venduti prodotti contenenti cannabis sativa ma privi di capacità drogante. Attualmente, l’unico riferimento, è una circolare del ministero dell’Interno del 2018, interpretativa della legge 242 del 2016, che dice che rientrano tra le sostante stupefacenti le infiorescenze che superano lo 0,5%. Questa percentuale, sottolinea il Riesame, “resta l’unico parametro per la potenziale efficacia psicotropa. Più chiaro di così.

Marijuana light assente al rave più lungo della storia

Non c’era la cannabis, tanto meno la marijuana light al primo e più lungo rave mai fatto

Una curiosità , ma anche uno spunto di riflessione su come molte volte (troppo spesso in realtà) parlando di cannabis o anche di marijuana light si pensi soltanto alle droghe, ai festini ed ai rave party.

Chi lo avrebbe mai detto che probabilmente uno dei primi rave svoltosi più di 500 anni fa, detiene ancora il record per essere stato il più lungo della storia!

Soprattutto in quanti avrebbero scommesso sull’assenza di cannabis, marijuana, droghe?

Una storia improbabile ma reale, confermata dalle fonti storiche del tempo. Pare che durò almeno un mese e ci furono (purtroppo) decine di morti collassati, ma, andiamo per ordine.

Storia di un rave fuori dal comune

Nel 1518 in Francia, a Strasburgo ebbe inizio “la festa”. Era il mese di luglio quando, una bizzarra ed inspiegabile epidemia da ballo colpì la città. Più di 400 persone si misero a danzare per strada, non certamente per uso di cannabis o di marijuana light (che a quei tempi, non era ancora nata). A causa di tanto strapazzo che durò molti giorni, chiaramente, in tanti collassarono. Si racconta che tale Frau Troffea, aprì le danze di questo primordiale rave. Incominciò a ballare in maniera forsennata per le strade della città, senza alcuna apparente ragione. Che fosse una matta? Devono aver pensato così all’inizio, eppure, ben presto, altre persone si unirono a lei. Dopo una settimana erano circa una trentina e dopo un mese arrivarono a 400. Come detto anche prima, era luglio e faceva davvero molto caldo. In molti, non sappiamo quanti precisamente, (ma si parla di 15 persone al giorno), persero la vita a causa di malori dovuti appunto, alle alte temperature ed allo sforzo fisico.

Come mai tutti si misero a ballare?

Veniamo al dunque di questa surreale storia che sembra presa da una notizia apparsa su un cruciverba estivo (tipo: vero o falso). A riportare alla luce l’evento, è stato uno storico della medicina: John Waller che, a tal proposito, ha provato anche ad elaborare delle ipotesi. Per molto tempo s’è pensato che la causa scatenante fosse stata un’intossicazione da ergot, un parassita delle graminacee che poteva contaminare i cibi e provocare anche delle allucinazioni. Poiché questo parassita produce una sostanza chimica “imparentata” con l’LSD; l’ipotesi iniziale fatta da Waller fu che, appunto queste persone sarebbero state colte da sensazioni simili a quelle di un trip. In realtà, secondo lo storico, non si sarebbe trattato esclusivamente di un’ intossicazione, ma anche di una malattia psicologica o di una forma di emulazione. La cosa certa, da fonti dell’epoca è che le autorità non aiutarono a risolvere il problema, anzi, consigliarono alle persone di continuare a ballare!

Unico caso della storia?

Se fino a questo momento il nostro racconto vi ha indotto a pensare che, davvero non ci si può stupire di nulla, non solo quando si parla del futuro ma, anche pensando al passato. Ecco un’altra ennesima “sorpresa”. Un articolo apparso su una rivista storica, sostiene infatti che il caso di Strasburgo, non sia stato isolato. Sicuramente fu eccezionale il numero di persone che riuscì a coinvolgere e la durata, ma appunto, nella storia del medioevo, abbondano racconti molto simili a questo. Si narra di persone che ballarono fino alla morte perché vittime di uno stato di alterazione e di trance (forse) involontario. Il fenomeno scomparve del tutto a partire dall’inizio del secolo successivo.

Marijuana light quando ancora non c’era, in Olanda nacquero i coffeshop

Coffeshop olandesi non vendevano certo marijuana light, però era legale

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La storia dei coffeshop olandesi affonda le sue radici in una Amsterdam anni ’70 che ancora viveva, in termini di sostanze stupefacenti, gli strascichi dello spensierato decennio precedente e si apprestava ad affrontare un nuovo e ben più ampio periodo: quello delle droghe pesanti.

Tra il 1972 ed il 1973, quasi per scherzo apre i battenti il Mellow Yellow. Si trattava di un Tea House, un locale dove si serviva del tè e ad un tavolo in un angolo era possibile acquistare Cannabis (non certo marijuana light, chiaramente!) o Hashish. Il proprietario di questo locale possiamo dire che ha fatto la storia dei coffe shop olandesi, proseguendo poi come imprenditore nel mondo della cannabis.

18:00 l’ora del coffeshop

Il grande successo del Mellow House, spinse ad anticipare l’apertura del locale alle ore 18:00. Nel 1975 ci furono poi le aperture di locali simili, che incominciarono a chiamarsi coffeshop. Inizialmente si trattava di locali per lo più anonimi, senza alcuna vetrina. Seppure fossero socialmente accettati, i coffeshop, diventarono come li conosciamo oggi, solo qualche tempo dopo con l’avvento di altri imprenditori che, riuscirono, attraverso una serie di relazioni con le autorità, a sdoganare definitivamente il concetto di coffeshop.

La pubblicità è l’anima del commercio

Si dice questo da anni, anche per la marijuana olandese dei coffeshop è stato all’incirca così. Non una pubblicità fatta di slogan ed inserzioni ma, strettamente collegata all’ambito culturale. Creare delle vetrine e dare la possibilità ai passanti di guardare all’interno dei coffeshop, rendendoli consapevoli che all’interno non accadeva nulla di male, fu una delle chiavi che aprirono le porte del successo a questa tipologia di locali. Certamente Arjan Roskam è stato l’imprenditore che ha determinato il definitivo consolidamento sociale dei coffeshop. Una delle caratteristiche principali dei suoi locali, che lo distinguevano dagli altri, era che, all’interno si vendeva esclusivamente droga leggera: Marijuana ed Hashish. A differenza di altre realtà in cu si trovavano anche droghe pesanti come, l’eroina.

Un grosso problema risolto: le droghe pesanti

Nei primi anni ’70 il mercato dell’eroina era nelle mani della malavita organizzata di etnia cinese, che determinava una seria piaga sociale. Nel 1975 le autorità videro crescere sempre di più il numero degli eroinomani ad Amsterdam ed in generale in Olanda, da qualche centinaio a 5.000 in soli 2 anni. Decisero quindi di introdurre un drastico giro di vite, rimpatriando un discreto numero di asiatici dediti allo spaccio di droghe pesanti per conto appunto, della mafia cinese.

Le autorità erano concentrate a risolvere problematiche ben più serie e gravi, legate all’eroina ed alle droghe pesanti. I pochi coffeshop che sbocciavano in quel periodo, non rappresentavano un problema. Le autorità si limitavano a sorvegliare il fenomeno.

Il boom dei coffeshop che non conoscevano la marijuana light

Dicevamo che per diverse ragioni, tra cui una tolleranza monitorata del fenomeno coffeshop ha nel corso degli anni fatto moltiplicare queste attività. Dalle prime aperture avvenute nei primi anni ’70, s’è dovuto attendere fino agli anni ’90 per ottenere un regolamento sulla materia. Le prime regole basilari furono: nessun fastidio per l’area circostante, nessuna vendita di droghe pesanti, nessuna pubblicità, nessuna vendita ai minori di 18 anni, non più di 5g a persona. Tra gli anni ’80 e la fine degli anni ’90 si sono contati fino a 600 locali coffeshop ad Amsterdam, drasticamente ridotti fino a circa 250 in seguito a diverse restrizioni.

La storia, anche in questo caso ci insegna sempre qualcosa. Le autorità ed il governo olandese nel corso degli anni, ha monitorato i coffeshop ed ha concentrato la sua attenzione nel risolvere problematiche molto serie, come lo spaccio illegale di droghe pesanti che avveniva fuori da queste realtà. Ha quindi regolamentato il commercio e l’uso delle droghe leggere, della cannabis e dei suoi derivati, dentro e fuori i coffeshop. Un bell’esempio da seguire…non vi pare?

Marijuana light Stop alla vendita assolutamente falso

Secondo i media Italiani le Sezioni Unite di Cassazione avrebbero fermato il mercato della Cannabis light

ASSOLUTAMENTE FALSO!

Dalle notizie che si apprendono dalla stampa nazionale, sia cartacea che televisiva, la notizia del giorno sembra essere la chiusura definitiva del mercato della marijuana light in generale di tutti i prodotti a base di cannabis light in Italia. Tali informazioni, che stanno generando un clima di terrore e di assoluta incertezza tra gli addetti al settore, non trovano conferma nel dettato delle sezioni unite.

Ecco perchè è falso lo stop sulle vendita di marijuana light

In attesa delle specifiche motivazioni, per le quali ci vorrà un po’ di tempo, quel che emerge, a chiare lettere, dal giudizio di legittimità è che la commercializzazione al pubblico dei derivati della Canapa integra la fattispecie di reato di cui all’art. 73 del D.p.r. 309/1990. Solo qualora “si dimostri in concreto l’efficacia drogante”. In Italia la soglia di “efficacia drogante del principio attivo THC”  è stata fissata allo 0,5%. Del resto  questo è ampliamente esplicato da consolidate letterature scientifiche e della tossicologia forense, legalmente disciplinata dal DPR 309/1990 del testo unico delle sostanze stupefacenti e come contenuto dalle tabelle del Ministero della Salute.

In ragione di quanto premesso, non può considerarsi reato vendere prodotti derivati dalle coltivazioni di canapa con livelli di THC inferiori allo 0,5%. Bellastoria commercializza Canapa e derivati al di sotto del limite stabilito dal DPR 309/1990, come evidenziano le analisi allegate, effettuate costantemente nel corso del tempo, pertanto tutti i nostri prodotti sono privi di efficacia drogante in concreto.

Non è la prima volta che il nostro settore merceologico viene attaccato dai media, nel tentativo di fermare un mercato scomodo a chi cerca consensi attraverso populismo e demagogia e favorendo, in tal modo, la criminalità organizzata.

 Sfortunatamente il principale fine della stampa non è fare informazione ma fare sensazionalismo: se si va al di là dei titoloni si legge: “pertanto integrano reato le condotte di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della “cannabis sativa L.”salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante “.

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